// di Francesco Cataldo Verrina //

Finalmente in vinile il terzo capitolo della piccola saga di Cedar Walton in casa Red Records. Il «3», come vie chiamato, è disponibile da qualche mese su un elegante album getfolder in carta di pregio, con tanto di booklet interno contenente le liner notes. La qualità sonora del microsolco fa riferimento al mercato audiofilo e ad un segmento medio-alto di fruitori del vinile qualità.

Nelle dinamiche evolutive del jazz moderno, il formato piano trio costituisce un universo importante, ma parallelo: quartetti e quintetti hanno avuto storicamente la meglio, al netto, però, dei musicisti coinvolti, si sono caratterizzati soprattutto per facilità di fruizione. La dimensione più intima e rilassata del piano trio richiede una maggiore sensibilità ed, a volte, conoscenze più approfondite, soprattutto tanta più attenzione, poiché l’ascoltatore non viene sopraffatto della spettacolarità degli strumenti a fiato e dal loro «vocalismo melodico» che facilita non poco il processo di fruizione e di empatia.

Esistono esempi illustri di piano trio, specie nel periodo aureo del bebop, ma di certo nella fase post-moderna del jazz, fu Cedar Walton che riuscì a portare questa dimensione strumentale, basata sul gioco delle tre carte, ad altissimi livelli, fissando dei nuovi punti di ancoraggio per quella che può essere considerata una delle formule di esposizione jazzistica più adottate anche nella nostra epoca. Geniale fu l’intuizione della Red Records che, negli anni ’80, decise di fissare su nastro e documentare il momento creativamente più ispirato di Cedar Walton, uno dei massimi pianisti jazz del dopoguerra, il quale in perfetta armonia con David Williams al basso e Billy Higgins aveva dato vita ad una delle compagini triangolari più fattive ed affiatate della storia del post-bop, tanto da stabilire quasi delle nuove regole d’ingaggio e diventare paradigmatico per le generazioni a venire. «The Trio 1», «The Trio 2» e «The Trio 3»rappresentano tre tappe strettamente legate di un percorso sonoro tutto italiano, che spianò a Cedar Walton le strade della fama ad imperitura memoria. Questi dischi devono però essere considerati come tre capitoli inscindibili di un’opera omnia che diventa una sorta di enciclopedia educativa del piano trio.

Registrato alla Sala Europa di Bologna, il 25 marzo del 1985, «The Trio Vol.1» è il primo atto di una saga che alterna standard famosi ad originali di Walton in una sapiente miscela pianistica corroborata dal supporto di uno dei batteristi più originali ed incisivi dell’epoca e da un bassista che si adatta alla mano del band-leader come un guanto di pelle finissima, aderendo perfettamente al costrutto sonoro. Il livello di qualità espressiva non è dissimile a quella di «Manhattan Afternoon», forse uno dei dischi più conosciuti del trio. Fra i quattro evergreen emergono particolarmente «My Ship» di Ira Gershwin e Kurt Weill e «Satin Doll» di Duke Ellington, mentre per dinamismo e collegialità non sono da meno i due originali a firma Walton, «Holy Land» e «Voices Deep Within Me».

Il materiale contenuto in «The Trio Vol.2» proviene sempre dal concerto Bolognese, ma il materiale selezionato, rispetto al primo, guarda di più verso le frontiere dell’hard bop con un tratto distintivo ed una rilettura personale da parte di Cedar. Se la suddivisione delle tracce è opera della Red Records, un encomio solenne va certamente ai produttori Alberto Alberti e Sergio Veschi. L’iniziale «Theme For Ernie», scritta da Fred Lacey in memoria di Ernie Henry, talentuoso sassofonista prematuramente scomparso nel 1957, diventa un lunga Odissea sonora ricca di pathos che oltrepassa gli undici minuti, rispetto alla più contenuta versione presente in «Soultrane» di John Coltrane; così come «Off Minor» di Thelonious Monk, scodellata con un tono vagamente idiosincratico e decisamente monkish e «Bluesville» di Sonny Red diventano dei tributi indiretti agli autori. Tra gli originali scritti da Walton spicca «Ojos de Rojo», un vivace bop in overclocking dal passo latino.

Oggi viene ripubblicato in vinile dalla Red Records «The Trio Vol.3», il più riuscito dei tre capitoli, registrato l’anno successivo a Milano, il pianista offre ancora un’esecuzione stellare di alcune delle sue composizioni ed interpretazioni più note. «Fantasy in D», farina del sacco di Walton, dove il trio esegue un perfetto modale a briglie sciolte e «Relaxin At Kamarillo» di Charlie Parker, nel quale Cedar suona in puro stile bop con assoli brevilinei, ficcanti e cinetici, da soli valgono il prezzo della corsa. In quest’ultimo volume il pianista azzecca il repertorio perfetto per una serata jazz mai scontata e noiosa: un bebop dal sangue blues, un paio di originali, una bossa nova e un alcuni standard non banali, a partire dalla versione quasi prêt-à-porter ed immediata di «Girl Talk From Harlow» di Neal Hefti; mentre «Ground Work» rappresenta un’ottima vetrina espositiva per Billy Higgins, il quale fa emergere tutta la melodia attraverso un movimento ritmico che allarga le maglie di un componimento di per sé armonicamente complesso.

In «The Trio 1», «The Trio 2» e «The Trio 3», il tocco di Walton appare costantemente dinamico ed inventivo, decisamente da accademia del jazz moderno, mentre i suoi voicings, talvolta speziati, altre introspettivi, sono esaltati dalla complicità telepatica dei due sodali. Tre piccole gemme raccomandate a tutti i collezionisti ed i cultori di jazz straight-ahead. Le prime due, attualmente disponibili in CD nel catalogo della nuova Red Records di Marco Pennisi, rivivranno presto una seconda giovinezza anche in vinile.

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