Herb Alpert è sempre stato un anello di congiunzione tra il jazz orchestrale ed il pop, preludio a quello che negli anni Settanta diventerà una sorta di smooth jazz di alta classe. Durante la cosiddetta “summer of love” del 1967 Alpert era un personaggio assai conosciuto ed un assiduo frequentatore delle classifiche. “Sounds Like… Herb Alpert & the Tijuana Brass” fu è l’ottavo album pubblicato dal popolare gruppo strumentale negli anni sessanta. Per uno strano paradosso, il pezzo più conosciuto di questo album è una composizione di Burt Bacharach usata come tema del film “Casino Royale”. ed originariamente registrata come pezzo cantato.

Non essendo rimasto soddisfatto dell’interpretazione, Bacharach mandò i nastri a Herb Alpert, che vi sovraincise la tromba e alcuni strumenti dei Tijuana Brass (soprattutto marimba e percussioni). L’austero compositore rimase alquanto soddisfatto del lavoro del trombettista, tanto da adottarle il nuovo edit come versione definitiva. Non a caso nell’album di Alpert è presente proprio versione con l’orchestra di Bacharach. Nel giugno del 1967 “Souns Like”, raggiunse il numero uno delle classifiche americane e solo, qualche settimana più tardi venne scalzato da Sgt. Pepper dei Beatles, un album considerato epocale ed acclamato dalla critica.

Diversamente non si quasi mai raccontato nulla della popolarità di Herb Alpert & the Tijuana Brass, i quali riuscivano a produrre dischi strumentali di grande successo, attraversando le generazioni in un momento in cui il mondo ribolliva come una polveriera ed la discografia stava subendo profonde trasformazioni. “Sounds Like… Herb Alpert & the Tijuana Brass” è un lavoro fresco e gioioso che conserva intatto il suo sapore jazz in “S.R.O” e mantiene intatto il profondo sentimento di una composizione come “Wade in the Water” che riporta ai tempi dello schiavismo, sia pure con una modalità esecutiva aggiornata e moderna. Irresistibile il mood di “Gotta Lotta Livin’ to Do”. In quegli anni il mondo sembrava cambiare, ma Alpert era sempre sulla cresta dell’onda, grazie alle sue melodie semplici, dal gancio immediato e funzionali all’airplay radiofonico. La B-side si sostanzia attraverso una serie di temi meno conosciuti, ma decisamente audaci ed arrangiati con sapienza.

Tante piccole perle come “The Charmer” di John Pisano a base di bossa nova, la quasi cinematografica “Treasure of San Miguel” di Roger Nichols , con un plot narrativo tagliente e tensioattivo, non ultima per importanza, “Miss Frenchy Brown” di Ervan Coleman tradotta in un linguaggio friendly ed a presa rapida. Per tanti ascoltatori, per diletto o per professione, la storia musicale di Herb Alpert potrebbe apparire come una metafora della cultura degli anni Sessanta, un inno al disimpegno che racconta di un’altra America,, quella che balla, surfa e si diverte, specie sulla costa Ovest, da vacanziera, spendacciona, opulenta e disincantata, non curante dei fermenti rivoluzionari e degli scossoni sociali che agitavano quella terra di conquista animata da mille culture e da sempre piena di contraddizioni.

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