Giorni fa mi è capitato tra le mani un vecchio settimanale di musica, che mi ha riportato indietro nel tempo. All’epoca ero un ragazzino e di certo non ero interessato a dischi come quelli dei Genesis, seguivo cose più facili ed immediate dal rock classico al soul. «Ecco un altro gruppo che si inserisce immediatamente nel nuovo filone della musica pop inglese, pur avendo già all’attivo un album: filone che accoppia il folk al classico ed al rock, unisce il gusto dell’acustico a quello dell’elettronico e si avvale di melodie dolci e fascinose». (E. Caffarelli, Ciao 2001 del marzo 1971). È interessante notare che la recensione era arrivata a circa cinque mesi di distanza dall’uscita dell’album, a testimoniare quanto il gruppo fosse sconosciuto. In seconda battuta appare evidente che il termine pop venga usato nel suo primo significato che è lontano da quello odierno. In particolare non si conosce ancora l’uso del termine «progressive».

Per farla brevemi rivolsi al fratello maggiore di un amico, quasi ventenne, che aveva microsolchi di ogni genere, e gli chiesi dei Genesis. Questi mi fece ascoltare il loro primo album “From Genesis To Revelation”. All’inizio ebbi qualche difficoltà di fruizione, poi invece mi resi conto che potevano piacermi; così con il mio giovane amico andammo a comprare in società «Trespass». Era una pratica molto in uso tra i giovanissimi di quegli anni, scarsi di moneta, cooperare all’acquisto di dischi: si suddivideva la spesa finanche in quattro. Capirete che per un sbarbatello, per quanto prematuro in fatto di musica, il disco risultò alquanto ostico e difficile. Qualche anno dopo, lo apprezzai molto ed a ragion veduta. Ma dov’è l’arcano? «Trespass» era uscito con nuova etichetta discografica, la Charisma, con cui i Genesis avrebbero pubblicato sino al 1981, supportati da un nuovo produttore, John Anthony, e da un nuovo batterista, John Mayhew, il quale subito dopo la pubblicazione di quest’album lascerà il gruppo e verrà rimpiazzato da Phil Collins.

Scrive Mario Giammetti, uno dei massimi esperti italiani dei Genesis: «Basterà ricordare che i Genesis sono, in tutta la storia del rock, il gruppo in assoluto più coeso a livello di composizione. Su questo piano, nessun’altra band è in grado di rivaleggiare con loro. Persino i Beatles e gli Stones hanno avuto membri che, a livello creativo, hanno contato poco o niente, pur dando il loro contributo strumentale; nei Genesis, sono stati sempre tutti coinvolti al 100%, tanto che, come ho sempre detto, non è mai esistito un leader assoluto, a dispetto delle apparenze. Il che si è ovviamente tradotto nelle importanti, rispettive carriere soliste».

Rispetto al precedente, ossia a meno di un anno dall’uscita del primo album, lo stile compositivo del gruppo aveva già subito un’evidente metamorfosi: dalle brevi canzoni pop-rock dell’esordio si era spostato verso componimenti di più ampio respiro, non legati necessariamente alla forma canzone e con estesi sviluppi strumentali a metà strada fra il rock e la musica sinfonica. L’uso di certe tastiere li avvicinava al sound dei primi King Crimson, influenza a posteriori più volte dichiarata dagli stessi Genesis e, più in generale, le atmosfere del disco contribuirono a far inserire il gruppo nel filone del cosiddetto progressive rock. Le due tracce più lunghe dell’album, «Stagnation» e «The Knife», rimasero parte del repertorio concertistico del gruppo per due o tre anni, nonostante i cambi di formazione. Il tema finale di «Stagnation» sarà ripreso anche nei concerti dal 1977 in poi come variazione all’interno del brano «I Know What I Like» (ripresa anche nell’album dal vivo «Seconds Out», mentre una versione abbreviata di «The Knife» verrà rispolverata negli anni Ottanta, occasionalmente, come bis a fine concerto .

Venendo a ciò che riguarda strettamente la musica di «Trespass», l’album mette in luce le potenzialità del gruppo, delineando il loro stile espositivo: i tre dischi successivi porteranno la maturità artistica, prima dei mutamenti di direzione con «The Lamb», ma le basi vennero gettate con «Terspass». Primaria importanza agli arrangiamenti ed ai testi, con questi ultimi influenzati dalla letteratura fiabesca e mitologica, caratterizzati da una venatura di malinconia e abbandono nei confronti della vita. La strumentazione è piuttosto ricca. C’è l’utilizzo massiccio di varie tastiere in voga in quegli anni di prime sperimentazioni elettroniche, insieme a chitarre elettriche e acustiche a 6 e 12 corde (che tra l’altro evidenziano un uso un po’ primordiale della stereofonia, con le sonorità degli strumenti spinte in modo netto sul canale R o L). Il flauto suonato da Peter Gabriel in modo elementare è comunque convincente e gradevole, e la sua voce già evidenzia un’interpretazione incisiva, a tratti sofferta. Il suo eclettismo vocale, a seconda dei brani e dei versi cantati, diventerà una caratteristica dell’artista Peter Gabriel negli anni a venire. In sintesi, a mio avviso rimane il disco più bello dei Genesis insieme a «Selling England by the Pound»

In conclusione sono confortato anche dalle parole del massimo conoscitore dell’universo genesisiano, Mario Giammetti: «Credo che il trittico 1971/73 (Nursery Cryme / Foxtrot / Selling England By The Pound) sia la quintessenza del miglior progressive inglese in assoluto, quindi probabilmente sono questi tre i migliori. Tuttavia, personalmente, adoro altrettanto «Trespass», un album pastorale e bucolico, con incursioni nel folk e quelle incredibili chitarre a 12 corde, un’invenzione di Anthony Phillips in combutta con Mike Rutherford».

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