// di Francesco Cataldo Verrina //
Prendi due amici che si ritrovano insieme in un club: quella a cui il pubblico assiste è quasi un jam session dal sapore naive, mentre qualcuno, magari senza avvisare gli interessati, registra tutta l’esibizione in maniera professionale, tanto che dalla ripresa del set ne nasce un ottimo disco, ossia «In Duo» di Guido di Leone e Dario Deidda, due musicisti di vaglia, rispettivamente chitarra e basso elettrico, con un curriculum espanso e rilevanti collaborazioni internazionali.
Forse le cose non sono andate proprio così, sicuramente era tutto pattuito e prestabilito, nel senso che in quelle serate, il 12 ed il 13 febbraio del 2022 al Duke Club di Bari, le performance dei due musicisti sarebbero stata registrate con l’intento di ricavarne un album. Tutto ciò, in buona sostanza, rispetto al primo input di fantasia che abbiamo percepito e fornito, non cambia nulla, poiché l’atmosfera di gioco, di complicità e il gusto per improvvisazione dinamica sono tipici di un incontro fra due affiatati sodali, animati dal desiderio di misurarsi in uno scorrevole ed informale by-play. Per gli amanti della chitarra e del basso, «In Duo» di Guido di Leone e Dario Deidda, pubblicato dalla Abeat Records, è un piccolo diamante grezzo, da ammirare nella sua forma, dimensione e lucentezza naturale.
Abbiamo più volte sottolineato, che due strumenti, scevri da legami e condizionamenti, se suonati con padronanza, sviluppano una serie di situazioni ed invenzioni, talvolta superiori a quelli di un nutrito ensemble, dove gli spazi espressivi sono maggiormente condivisi e suddivisi. In realtà, nello specifico, non esiste neppure alcuna gerarchizzazione strumentale o sudditanza, ma ci troviamo alle prese con una sorta di modulo esecutivo estremamente paritetico, soprattutto i due «capitani di lungo accordo» sanno come spendersi nell’economia dei singoli pezzi, stimolarsi e sostenersi nella specificità del proprio strumento. Come da prassi, la chitarra ricama costantemente le trame melodiche, lasciando spesso al basso l’opportunità d’inserirsi come strumento tematico, mentre la chitarra si concentra sulla struttura armonica assumendo il ruolo di accompagnatrice ad interim. Scrive Fabrizio Bosso nelle note di copertina: «Sono molto felice di aver ascoltato in anteprima questo bellissimo album registrato dal vivo in uno dei miei club preferiti da due carissimi amici e musicisti straordinari. In ogni brano ho avvertito un’intesa profonda ed un interplay perfetto che accade solo quando «In Duo» si trovano a suonare artisti di questo livello. Ho trovato per niente banale la scelta dei brani, una scaletta che ha entusiasmato anche il pubblico presente».
Come non condividere il punto di vista di Bossio, specie sulla scelta dei brani eseguiti, oculatamente scelti nell’ampio panorama della tradizione jazz e non solo. Otto standard ed un originale, «Scherzi», scritto da Guido di Leone e inserito quale traccia conclusiva dell’album, come una ciliegina sulla torta, ma forse a non voler turbare la sequenza narrativa basata su componimenti di prestigiose firme internazionali. Si parte con «Careful» di Jim Hall, omaggio ad un chitarrista iconico, ma estremamente originale risulta la scelta del brano, poiché prelevato da un album del 1987, «Power Of Three», pubblicato inizialmente solo in Francia. «Flamingo» di Ted Grouya, lanciato dall’orchestra di Duke Ellington negli anni ’40 non è proprio una ciò che ti aspetti in una performance jazz-fusion, ma il Duca ricompare con «Prelude To A Kiss», cosi come «Tangerine» di Viktor Shertzinger del 1941 e «My One And Only Love» di Guy Wood (Il primo a farne uno standard jazz negli anni Cinquanta fu il sassofonista Charlie Ventura) riportano indietro nel tempo l’asticella dell’orologio. Nonostante questa serie di repêchage, il disco nel suo complesso non guarda per nulla nello specchietto retrovisore, piuttosto Di leone e Deidda riescono a creare una atmosfera fusion, vagamente smooth, che ricorda alcuni lavori di Earl Klugh e dello stesso insieme a George Benson. Ne sono un testimonianza tangibile i rifacimenti di «Canto De Ossanha» di Bud Powel, «Tricotism» di Oscar Pettiford di «Eternal Triangle» di Sonny Stitt. L’abilità di Guido e Dario è tale e tanta da riuscire a mettere sotto lo stesso denominatore, composizioni così diverse per humus e struttura ed a condensarle «In Duo – Live At Duke Jazz Club Bari», quale piccolo scrigno di arte jazzistica contemporanea.