// di Francesco Cataldo Verrina //

Abbiamo detto più volte che il jazz del terzo millennio è una specie di hub a cui si collegano stili e moduli espressivi diversi e da cui dipartono elementi di confluenza che sono una cosa altra rispetto ai costituenti di partenza. Il jazz funge da aggregante come una rete a maglie larghe in cui restano intrappolati enzimi portatori e catalizzatori di differenti istanze creative. Non è contaminazione o fuga verso altre vie di espressione, terze, quarte o quinte: il jazz resta il punto focale a cui affluiscono forme di modulazione sonora e ritmica spesso addensanti, ma non devianti.

Ascoltando «Risvegli» di Eugenia Canale Quartet ci si avvede subito che quel tocco pianistico e quella fluida esecuzione, basata sui chiaro-scuri, sui crescendi, sui cambi di umore, sulle discese abissali nella profondità armoniche, tradiscono un background jazzistico di elevato livello. Eugenia Canale sintetizza cosi la sua creatura discografica: «I brani che ascolterete sono nati in momenti diversi, ma si ritrovano ora, qui, raccolti in un disco che restituisce loro la luce e i colori con cui volevo fossero dipinti. Gli straordinari musicisti e amici che mi affiancano in questo quartetto hanno fatto sì che avvenisse qualcosa di estremamente raro e difficile: far suonare la musica in modo sincero, per quella che è, senza artifici di forma o di stile. Troverete tante influenze che negli anni hanno formato la mia sensibilità musicale, dal tango allo choro, fino al jazz di area inglese. Ma spero anche tanti elementi che si fa fatica a ricondurre a un preciso contesto culturale e musicale – piuttosto qualcosa di ibrido – come tutto ciò che da sempre prediligo».

Dato alle stampe dall’etichetta Barnum For Art, «Risvegli» si sostanzia attraverso nove composizioni originali di Eugenia Canale che contemplano stati d’animo piuttosto variegati che si riverberano sulla struttura delle singole tracce. L’album contiene momenti intimi, evocativi, elegiaci, così come con punte di ottimismo, apertura verso il prossimo e gioiosi inni alla vita, i quali prendono forma dalla perfetta intesa con gli ottimi musicisti di supporto: Max De Aloe (armonica e fisarmonica in «Luis» e «Chiquinha»), Riccardo Fioravanti (contrabbasso e basso elettrico in «Risvegli» e «Sunday Steps») e Marco Castiglioni (batteria). La scelta strumentale, specie la presenza di una fisarmonica, consente di esplorare territori di confine con la tradizione folklorica mediterranea, il tango argentino, lo choro, talune decadenti atmosfere anglofone e scandinave, a cui fa da corollario il background accademico ed eurocolto della pianista, nonché il suo spiccato senso dell’orientamento jazzistico che garantisce al torrente creativo di non tracimare per eccesso di zelo verso situazioni smaccatamente localistiche, le quali potrebbero disperdere in mille rivoli il sapore ed il taglio decisamente internazionale del concept.

«Risvegli», in particolare la title-track nasce da un sensazione della Canale che racconta di «aver iniziato ad improvvisare questo lento ma progressivo risveglio della terra, con l’idea che piccole gocce d’acqua potessero aumentare fino a diventare un acquazzone». La progressione armonica e lo sviluppo tematico del brano in oggetto ne sono la millimetrica e mercuriale rappresentazione plastica. Ma tutto l’album va letto come un quaderno di appunti accompagnato da abbaglianti cromatismi sonori ed immagini fitte di colori. In molti componimenti si sente la marcata influenza di Bill Evans, dove le note non sembrano mai abbastanza per descrivere sia i momenti più intimi e riflessivi che quelli più estroversi ed eterodiretti. Il pianoforte fra le dita di Eugenia Canale sembra zampillare come in certi dischi di Keith Jarrett, dove si incrociano stili e linguaggi in maniera del tutto naturale. «Luis», apre uno scenario su infinite suggestioni remote nel tempo ma che si legano alla contemporaneità attraverso il modulo esecutivo. «Giorni Sospesi», ammannito da una struggente armonica, è un’elegia amorosa, soffusa e nostalgica, che spezza i legami spazio temporali creando una piacevole aura di sospensione. «Sunday Steps» si caratterizza come un’eccellente galoppata pianistica dal vero mood jazzly, in cui l’autrice si appropria della forza e della luce del sole camminando a passo svelto per le vie del mondo.

«Under The Hezelnut Tree», letteralmente «sotto l’albero del nocciolo», evoca, per la scelta del formato compositivo ed esecutivo, un solido legame con la natura. «Gabbiani» si pregia di una melodia ariosa ed itinerante, simile alla colonna sonora cinematografica, quasi un’apertura alare su un mondo di fantasia. «Chiquinha» è un omaggio a Chiquinha Gonzaga, «con l’auspicio (della Canale) che musiciste, strumentiste e compositrici possano appropriarsi sempre più del mondo del jazz». In «Cape» riaffiora nuovamente tutta l’esuberanza ed il carattere volitivo della pianista che sembra guardare verso i quattro punti cardinali della musica senza mai perdere la bussola. In Conclusione, «Agua Y Limon», una ballata crepuscolare in un bicchiere dal gusto retrò, servita su un vassoio di sentimenti mentre calano le prime ombre della sera – per citare il sommo poeta Dante – «l‘ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core lo dì c’han detto ai dolci amici addio; e che lo novo peregrin d’amore punge…» A conti fatti, «Risvegli» di Eugenia Canale Quartet è proprio questo: un peregrinare in un mondo di suggestioni poetiche, letterarie e cinematografiche.

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