//di Francesco Cataldo Verrina //
C’erano state già precedenti forme di collaborazioni tra Stefania Tallini, una delle più convincenti e nitide espressioni del pianismo jazz contemporaneo e Franco Pina, jazzista con un DNA consegnato alla storia, geneticamente predestinato, trombettista e flicornista di lungo corso, ma con «E Se Domani» i due sodali trovano il break-even-point creativo, solidificando la loro collaborazione con un album che si candida ad essere una delle opere più convincenti di questo prima tranche del 2023. I due musicisti sviluppano un perfetto «comunis moenia» su un terreno sonoro dalla superficie ampia e variegata, segnato da punti di contatto con la tradizione jazzistica, la canzone d’autore italiana, il Brasile e l’AmercanSongBook; per quanto nove dei quattordici brani siano composizioni originali in cui si riverbera tutto l’estro creativo dei due sodali. Dice Franco Piana: «L’interplay con Stefania Tallini è stato spontaneo e immediato, cosa davvero molto rara. E nonostante io abbia sempre suonato in larghi ensemble, mi è stato molto naturale esprimermi in questo contesto, proprio grazie al grandissimo feeling artistico e umano che caratterizza questo nostro duo e che si è rivelato anche attraverso tre improvvisazioni estemporanee, dove il nostro dialogo si esprime in modo totalmente libero e senza confini».
Nonostante il minimalismo strumentale, solo pianoforte e flicorno, la ricchezza di sonorità, di nuances e di vibrazioni è infinitesimale. In talune circostanze tutti i compiti e gli schemi tradizionalmente preassegnati saltano. Come spesso avviene nelle situazioni in cui non esiste la classica gerarchizzazione strumentale ed il gioco di ruolo tra una vera sezione ritmica ed una prima linea, come avverrebbe in un ensemble più o meno grande. In una dimensione duale gli spazi si dilatano ed i due attanti finiscono per svolgere singolarmente ruoli complementari e primari al contempo, ed insieme supplementari, dove le componenti tematica ed improvvisativa si fondono mirabilmente. La Tallini sottolinea alcuni aspetti del progetto e della sua collaborazione: «Questo disco con Franco Piana, musicista di grandissimo spessore artistico, rappresenta per me un progetto molto importante, che sento racconta appieno di una nuova fase della mia vita, non solo musicale. Un disco nato nella più totale spontaneità e naturalezza, a seguito di una serie di concerti attraverso cui il nostro duo è cresciuto sempre piu’, rivelandone l’incredibile feeling e intesa, musicale e umana». Dal canto suo Franco Piana si premura di fare talune precisazioni: «Per me è un’esperienza nuova che mi fa molto piacere condividere con una grande artista, sensibile e musicale come Stefania Tallini. Un disco in cui ritorno un pò alle mie origini…come quando da bambino, non avendo ancora la tromba, mi divertivo a cantare i soli dei miei jazzisti preferiti, accompagnandomi con qualsiasi oggetto potesse essere percosso: in pratica un percussionista «scattante» inconsapevole. E mi sono ritrovato, attraverso questo lavoro e in modo totalmente impensabile per me, a propormi in modo inedito: non solo flicornista, ma anche «cantante-scatman» e «percussionista». Farlo pubblicamente e addirittura registrarlo, era quanto di più lontano dal mio carattere!»
Al netto della stima reciproca fra i due musicisti l’ascoltatore si trova a fruire del riuscitissimo risultato di una collaborazione sincera, la sintesi di un incontro non casuale, che unisce due diverse personalità marcate, ed a tratti opposte, le quali si attraggono magnificando un repertorio scelto con cura e con l’abilità di far convivere il vecchio e dil nuovo. La sinergia è lampante, la complicità è percepibile dalla prima all’ultima nota, quasi una simbiosi mutualistica scandita attraverso un by-play perpetuo, dove Stefania si avventura anche nel canto facendolo cum grano salis, mentre Franco osa oltre la sua naturale timidezza divenendo occasionalmente uno scatman ed un percussionista. Le parole della Tallini sono alquanto eloquenti in proposito: «Ciò che in questa registrazione abbiamo cercato entrambi con passione, sono state l’espressività, l’emozione, le dinamiche, la poesia, l’ascolto attento e costante l’uno dell’altra in ogni singola nota suonata».
L’album si apre con la title-track, «E Se Domani», un classico del repertorio di Mina, ricontestualizzato in un’ambientazione quasi chetbakeriana nella quale i due strumenti si esaltano nell’impianto melodico della composizione apponendovi, in fase improvvisativa, sfumature e cromatismi inediti e sostanziati da un profondo lirismo interpretativo. «CDJ Blues» è una composizione di Franco Piana, un veloce bop steso su una struttura blues che crea una piacevole atmosfera d’altri tempi, dove il flicornista esprime tutte le sue doti di scatman, mentre il pianoforte della Tallini si trasforma idealmente in una grande orchestra swing, e non è solo una sensazione. Precisa Franco Piana: «L’oggetto di tanto percuotere è il flicorno (che però amo tanto!), così come ho sempre amato lo scat di Chet Baker che ha ispirato le mie improvvisazioni alla voce». «Silent Moon», a firma Tallini, mette in risalto tutte le virtù della pianista-autrice, in una soffusa ballata poeticamente evansiana, magnificata dal contrappunto di una tromba, a tratti «mutizzata», che porta il pathos a profondità abissali. «Estemporanea Uno», e una multi-composizione a quattro mani, reiterata nelle successive «Estemporanea Due» ed «Estemporanea Tre», dove i due sodali mescolano umori ed amori del loro stile autorale,; i tre componimenti fungono quasi da interstizio connettivo, da interludio e da collante. «Inùtile Paisagen» è un omaggio ad Antonio Carlos Jobim che tradisce l’antico interesse della pianista per emisfero sonoro brasiliani, tanto da prodigarsi in un canto dagli inediti effetti cromatici, dove l’intervento dell’ottone, quasi a passo di blues, trasporta Jobim in un habitat più jazzistico.
Con «Sunshine», scritta da Franco Piana, il duo riprende quota in un divertente gioco delle parti ed un interplay che si sviluppa attraverso cambi di passo e di umore. «H.P,» è il tipico componimento della Tallini giocato sulla sospensione spazio-temporale che immerge inizialmente il fruitore in una soluzione idrosalina quasi onirica, per poi liberarsi in un movimento progressivo verso l’altro: così mentre il piano zampilla, il flicorno s’innalza a volo di calabrone. Ed ecco che «Estate» di Bruno Martino rigenera nuovamente quella soffusa e struggente atmosfera chetbakeriana. I due sodali s’inabissano in un coacervo di sentimenti, mentre le note dei due strumenti sembrano dipingere i tratti di un’estate al chiaro di luna. Tu chiamale se vuoi: emozioni. «I Think Of You» di Franco Piana è una ballata inizialmente sotterranea e crepuscolare, fortificata da una melodia a presa rapida ed ampliata dal tocco multiforme di Stefania che la fa emergere alla luce del sole, mentre i due strumenti si scambiano promesse per l’eternità. «A Veva» della Tallini preserva l’atmosfera seducente e maliarda dell’album mantenendo l’asticella fissa sul dualismo strumentale dei sentimenti e della poetica sonora. «Gingerbread Boy», a firma Jimmy Heath, conferma il legame e l’intesa dei dui musicisti con la tradizione jazzistica americana, trasportando lo standard su un terreno non convenzionale, merito di un pianoforte muscolare e ricco di groove che sostiene lo scattoso parlottare di Franco Piana. In conclusione, «Embraceable You» di George Gershwin che, «restaurato» secondo l’affiatato modulo Tallini/Piana, si adatta alla forma mentis dell’album come una sottile pellicola trasparente. E «Se Domani», prodotto da Fabrizio Salvatore e Alessandro la Guardia per AlfaMusic, è un’opera duale, evocativa e gioiosa al contempo, pregna di infinite suggestioni ed invenzioni strumentali, dove uno più uno fa molto più di due.