// di Francesco Cataldo Verrina //

Il jazz del terzo millennio nasce da una confluenza di stili ed influenze, che sembrano amalgamare perfettamente molti vissuti precedenti della musica afro-americana, con accenni afro-latin-caraibici, ma arricchiti da nuovi elementi metropolitani della street-culture. Christian Scott, musicista eclettico ed assai prolifico con dodici album all’attivo, generati in rapida sequenza, ma tutti di livello qualitativamente elevato, soprattutto per lo standard del periodo, è un figlio legittimo della società post-moderna e della transumanza sonora, dove un blob di suoni indistinti si traduce in una miscela elettro-acustica dai marcati connotati ritmici e non facilmente geo-localizzabili, in cui il dominio delle sue trombe diventa elemento distintivo e caratterizzante.

Christian Scott aTunde Adjuah, originario di New Orleans, nipote del sassofonista Donald Harrison, Jr., diventa vessillifero, come i suoi ascendenti, del titolo di Chieftain, legato ai Black Indians, gruppo etnico che rivendica le origini africane dei nativi americani. L’estroso trombettista definisce la sua creatura musicale come stretch (o expansive) music, ovvero un jazz dilatato che ingloba moduli espressivi di vario genere come il trip-hop. “Axiom”, è certamente uno degli album di contemporary jazz più riusciti del 2020, quale risultante di un concerto al Blue Note di New York tenuto prima dell’avvento generalizzato della pandemia: il 10 marzo del 2020, prima che le esibizioni dal vivo chiudessero i battenti .

Christian Scott aTunde Adjua

Dal vivo, la musica di Scott abbandona parte delle farciture elettroniche usate negli album di studio, tentando di ottenere una migliore espressività acustica, più calda, diretta e comunicativa ed in parte vi riesce. Le traccie nella dimensione live sono dilatate ed accentuate nella parte improvvisativa, soprattutto sono propedeutiche al riuscito dialogo ed interplay fra i sodali: la flautista Elena Pinderhughes, l’alto sassofonista Alex Han, il percussionista Weedie Braimah, il tastierista Lawrence Fields, il bassista Kris Funn, ed il batterista Corey Fonville. Christian Scott suona un tromba dalla forma particolare, denominata Adjuah costruita su misura, inoltre si cimenta con il reverse flugelhorn.

Sullo sfondo si agita il fantasma del Miles Elettrico, ma l’atmosfera è attenuata dalla regolarità delle partiture equamente distribuite, mentre il tiro melodico di Scott è sempre invitante ed attrattivo. Il gioco di contrasti tra le rimiche hip-hop e la progressione bip-bop rende l’album decisamente inusuale: il trip si raggiunge, ma in tutta tranquillità. Tra i momenti salienti dell’album segnaliamo: I Own The Night ” un tema dal flavour ispanico-latino, steso su un tappeto ritmico-armonico in overclocking e “The Last Chieftain” dedicata al nonno, scandita da una una veloce groove tribale e da potenti riffs di piano elettrico.

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