// di Francesco Cataldo Verrina //

Dei fratelli Amato si potrebbe dire che, pur avendo già un passato glorioso ed una lunga carriera dietro le spalle, abbiano davanti un futuro luminoso che si dischiude e si rinnova attraverso ogni nuova produzione, come sempre, proiettata nella contemporaneità del jazz, senza perdere mai il contatto con la tradizione. Dal 1979 fino ai giorni nostri i tre musicisti siciliani hanno accumulano riconoscimenti importanti a vari livelli ed il plauso di pubblico e critica, grazie ad una serie lavori di ottima levatura artistica, frutto di un’accreditata eccellenza esecutiva, compositiva e interpretativa.

Elio Amato (pianoforte e piano elettrico), Alberto Amato (contrabbasso e violoncello) e Loris Amato (batteria), hanno di recente pubblicano il loro Sesto album, «Keep Straight On» come Amato Jazz Trio per Abeat Records. Un concept mercuriale ed equilibrato basato sul perfetto dosaggio di composizioni inedite diluite da alcuni standard. Undici brani freschi di conio e tre omaggi, rispettivamente a Ornette Coleman con «Humpthy Dumpthy», il classico «Summertime» di Gershwin e «Armonie di Saturno» del compositore Roberto Lupi. Anche in tale circostanza i fratelli Amato muovono dal tradizionale vernacolo jazzistico per allargarsi alla ricerca di armonie ed ispirazioni legate alla musica eurodotta del Novecento, passando attraverso una dimensione a volte più free form o ipermodalmente post-bop. Contrassegno saliente dell’album è una scrittura o una rilettura lineare di ambientazioni sonore molteplici, frutto di una conoscenza dilatata ed ampio spettro. Ciò che colpisce il fruitore, sin dal primo impatto con «Keep Straight On» è la capacità dell’ Amato Jazz Trio di diventare una monade, un’entità unica capace di agire in maniera quasi telepatica fondendo a caldo pensiero ed azione, capacità strumentali e dinamiche contrappuntistiche, magnificate da un perfetto interplay. I tre Amato hanno contribuito quasi equamente alla composizione del concept sonoro, elemento che conferisce all’album un senso di simmetria e di coralità, senza alcuna gerarchizzazione strumentale preconcetta. Banalmente, si potrebbe dire: uno per tutti e tutti per uno.

Registrato presso il Sonoria Studio Recording, il disco si apre con «Grafting», che in italiano significa innesto, un post-bop muscolare, per l’appunto, con innesti funkfied che sviluppa immediatamente una dimensione urbana fatta di scenari mutevoli tracciati dall’alternanza dei tre strumenti e dalla loro interazione. «Arvo» si basa su un costrutto più sospeso ed introspettivo, adatto a un intricato plot narrativo di tipo cinematografico. «Via Aurora» procede a volte per vie traverse, guardando in molte direzioni, proiettandosi su mood cangianti e spigolosi, dove i tre strumenti sembrano a volte allontanarsi, altre volte sostenersi. La title-track, «Keep Straight On», che in italiano vuol dire «Prosegui dritto», punta su un struttura lineare a base di hard-swing, caratterizzata da una melodia dall’humus inquieto, dove il pianoforte sembra zampillare, sollevandosi come le onde di un mare in tempesta con la complicità della retroguardia ritmica. «Alessia» è un breve interludio, quasi una camera di decompressione propedeutica a ricaricare le pile, al fine di gettarsi a capo fitto sul classico ornettiano, «Humpthy Dumpthy», quasi reinventato e collocato in una dimensione vagamente fusion. «Toy» è un giocattolo a carica manuale con un effluvio pianistico che unisce tempi e modi diversi a metà strada tra Errol Garner e Cecil Taylor, tra risonanze e dissonanze, ma forse è solo suggestione. «Without Nomination» segue le medesime coordinate, imponendo uno stato d’animo a tratti più rabbioso, dove il pianoforte fa emergere tutto il suo sturm und drang, mentre dal canto loro basso e batteria non fanno sconti neppure ai clienti affezionati.

«Summertime» viene riportata a nuova vita e trasformata in una ballata fusion, notturna, felpata e ricca di elementi soulful, dove l’habitat sonoro ricreato appare avvolto da un senso di mistero e d’inquietudine. «Amandine» è una vetrina perfetta per il pianoforte di Elio Amato che corre su e giù per la tastiera come un cavallo in una prateria, incalzato dai fratelli che mantengono ininterrotta la galoppata, dall’inizio alla fine. L’escursione continua con «Belli, ma ribelli», basato su un impianto sonoro coriaceo e spigoloso, srotolato quasi in forma libera e non condizionata come un tema a piacere. «Isotta» ha i tratti somatici di uno swing in overclocking, fortificato da un piano martellato e quasi honky-tonk, il quale, in seconda battuta, si inabissa in una dimensione ricca di cambi di passo, a volte in barba alle prevedibilità (o banalità) armonica. «Fraternidade» gioca sulla perfetta sinergia dei tre strumentisti per tracciare i contorni un post bop inarrestabile e senza aria ferma, fitto di anfratti sonori e dissonanze a controllo numerico. «Armonie di Saturno», sintetizzato in poco più di un minuto, è un tema astrale ed onirico, quasi un involucro traspirante intorno a tutto il costrutto sonoro precedente. «Keep Straight On» non un disco di facile impatto per neofiti, è un un’esplorazione complessa ed articolata, lontana dal manierismo ruffiano e piacione, soprattutto lascia poco spazio alle smancerie romantiche e sentimentaloidi o alle purghe ambient di tipo germanico-scandinavo: è muscolare e potente, ma soprattutto è uno di quei dischi a cui possiamo associare la parola jazz nella accezione più letterale del termine, senza che nessuno potrà mai smentirci.

Amato Jazz Trio

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