// di Bounty Miller //

Personalmente potrei assumere una posizione agnostica in merito a talune faccende e dire: sto con i frati e zappo l’orto. Però non lo farò mai, intanto perché non sono solo in questa mia crociata anti-ECM. A volte si fanno anche battaglie in ambito culturale ed artistico.

In effetti l’argomento ECM è melmoso, la stampa eurocentrica specializzata, che vende molti spazi pubblicitari all’etichetta tedesca, per compiacenza ha fatto un lavoro ai fianchi, con argomenti paludosi e sibillini. Ma l’argomento diviene farsesco pur nella sua drammaticità, soprattutto per le inutili risposte che vengono addotte dai sostenitori del pateracchio germanico, i quali difendono qualche singolo episodio discografico. Purtroppo l’ECM è una spada di Damocle sul cammino e lo sviluppo del jazz, soprattutto in Italia e più diffusamente in Europa. Il jazz, oggi, può essere declinato in varie maniere e si nutre di contaminazioni autoctone in ogni dove, ma deve essere jazz. Purtroppo per molti scribacchini in Italia pare che la produzione ECM sia diventata il mainstream del jazz.

Come ho scritto in altre circostanze, questo è il trionfo dell’antimateria, dell’artefatto celebrato come arte da officianti prezzolati. Come può mai emergere e farsi notare chi fa musica jazz nel nostro paese, se il modello imposto dalle principali testate è quello dell’ECM? Non si discutono il talento di singoli musicisti o singole opere dell’ECM, ma l’insulso paradigma che si è voluto imporre a discapito di chi fa jazz sul serio. L’ECM non ha mai indicato una strada maestra allo sviluppo del jazz, ma ha metodicamente sviluppato una pozione sonora da laboratorio non arricchita, ma depotenziata di quelli che sono gli elementi costitutivi del jazz, soprattutto non si è mai vista un’apertura dell’ECM verso le musiche del Sud del mondo.

Il problema è evidente nello sfruttamento iniziale di alcuni musicisti americani e anche afro-americani e successivo addomesticamento degli stessi. Il guaio è che gli Italiani sono caduti con tutti i vestiti nuovamente nella melma del “pangermanismo”. Generalmente coloro che impugnano la causa dell’ECM, ne fanno un credo religioso e si ergono a sacerdoti di questo sistema sonoro, votato all’Anticristo del jazz, hanno pure certe idee politiche: in genere se vedono o sentono “nero”, gli si annebbia la vista.

Non si contestano le singole opere o le eccezioni che confermano la regola, ma è inaccettabile che l’ECM possa essere il modello di riferimento per antonomasia per chi oggi fa jazz. In quanto al passato sono solo briciole rispetto alla storia del jazz, di cui l’ECM non fa parte, ma di cui fanno parte dei singoli avvenimenti ad essa legati. Se non capiamo questo, non bisogna poi meravigliarsi che nei vari festival jazz, per esempio, ci siano artisti rock, pop, hip-hop e Gino Paoli, che con l’ECM non c’entrano nulla, ma sono la conseguenza di un fenomeno che marginalizza il jazz vero, con la presunzione che tutto possa essere jazz o inserito in contesto di tipo jazz.

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